Cristiana Capotondi: “Cosa vorrei che mia figlia imparasse da me”
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“Come genitore sono ben cosciente di aver avuto in regalo la possibilità di accompagnare un essere umano nella vita, che non mi appartiene e che cerco di proteggere il più possibile dagli effetti collaterali di scelte professionali che sono le mie, tra cui ovviamente la mediaticità e il mio essere così esposta pubblicamente. E’ chiaro che la mediaticità continuerà a far parte della mia vita e che mia figlia ci dovrà fare sempre i conti, ma cercherò di spiegarle cosa significa senza che le provochi dei traumi. Dall’altro lato l’indipendenza, l’emancipazione, la determinazione, l’ambizione che sono comprese nel mio essere, nel mio carattere spero che siano da lei sentite come naturali. E spero che - cosa che nel mio modo di essere una donna è un po’ un limite - abbia voglia di farsi aiutare. Sono contraria alla scuola di pensiero che dice che se ti fai aiutare è segno di fragilità, di debolezza. Invece saper chiedere aiuto è un sogno di maturità. Vorrei che lei sentisse la forza, la grandezza, la centratura di una donna che può anche chiedere aiuto. Perché l’indipendenza non significhi solitudine, ma autonomia intellettuale, nelle scelte, ma anche aiuto, confronto, apertura mentale”.